Nel giorno dell’incoronazione di Nicola Zingaretti come segretario del Pd la vera novità politica viene da quella vecchia volpe di Paolo Gentiloni. “Bisogna mettere lui sotto tiro” E lui è Salvini. Finalmente. Questa è la vera novità politica del nuovo Pd targato Zinga. Il nuovo segretario ha parlato molto usando la tradizionale retorica dei leader socialisti. Ma se uno poi pensa a cosa ha detto di nuovo e fondamentale, non viene in mente niente. Unità delle opposizioni, va bene, ma per fare che cosa? Non è uscito dal suo discorso di insediamento il profilo politico del nuovo Pd. Solo l’esigenza di cambiare tutto rispetto alla vecchia gestione renziana, ma senza contenuti che non siano vaghi riferimenti ai temi del lavoro e a quello dell’ambiente, quest’ultimo necessario per stare connesso con la grande mobilitazione giovanile mondiale promosso dalla svedese Greta. Quindi la vera novità l’ha segnata Gentiloni. Dire che bisogna mettere sotto tiro Salvini significa aver chiaro che una fase politica è ormai alle nostre spalle. Quella del trionfo dei 5 Stelle. Lo sfarinamento dei grillini, iniziato subito dopo la formazione del governo gialloverde, sta diventando un crollo inarrestabile. Il sorpasso Pd sul partito di Di Maio è a portata di mano e se Zinga non sbaglia mosse e candidature può avvenire già alle prossime europee di maggio. Qui le prime indicazioni non sono incoraggianti. Metter da parte Calenda per candidare vecchie star come Pisapia e Cacciari non mi sembra un’ideona. Poi, dopo le europee, inizierà la partita vera quella tra il Pd e gli alleati che riuscirà a coalizzare e la destra di Salvini. Un nuovo bipolarismo destra/sinistra. E’ questo a cui pensa Gentiloni. E’ questo a cui deve pensare Zingaretti. Per realizzare l’obiettivo è necessario, come sempre, essere competitivi a sinistra come al centro. Non basta dipingere di nero Salvini. Bisogna definire un’alternativa politica e culturale alla destra salviniana. Buttarsi a sinistra rafforzerebbe Salvini non lo indebolirebbe. Di nuovo è Gentiloni ad aver le idee più chiare:”non sono mai stato operaista”, ergo non deve esserlo neppure il Pd. E poi i temi saranno la vera sfida. Dalle tasse, vero tabù per la sinistra, all’ immigrazione, questione su cui il Pd renziano ha perso montagne di voti. Hic Rhodus, hic saltus, come diceva il vecchio Hegel. Qui Rodi sono il taglio delle tasse e la linea Minniti sull’immigrazione. Il nuovo profilo del Pd, europeista e liberalsocialista, potrà nascere solo dalla capacità di dare risposte vere e serie a questi temi. Ed è solo così che la sinistra rinnovata può diventare appetibile anche ai lavoratori e ai ceti produttivi del Nord che oggi votano in massa Lega.
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