In uno degli innumerevoli talk show che ci accompagnano e confondono in questa drammatica congiuntura, un ex autorevole anchor man, rivolgendosi a uno degli scienziati telegenici, quelli più presenti nelle diverse aree di ‘coperture’ mediatica, nonché in Regione Lombardia, la domanda ‘è mai possibile che non dite mai, questo non lo sappiamo, al massimo lo surrogate con questo non lo possiamo dire’. Lo scienziato, si è poi subito adeguato al suggerimento e consiglio di chi gli poneva la domanda.
Nel precedente numero della ‘Voce’, mossi dal presupposto che non poche sono le cose che non si conoscono e troppe quelle che non si fanno conoscere, vi suggerivamo un gesto di responsabilità istituzionale e civile, promuovere in Regione, il più ampio coinvolgimento e responsabilizzazione di tutti al fine di preservare la credibilità delle istituzioni, perché il prossimo futuro sarà denso d’incognite e pericoli.
Proprio la Regione Lombardia, rinchiusa in una sorta di antica ‘Gerico’ è già in pericolo,: l’eccesso di decessi, la tragedia nelle e delle residenze per anziani, l’assistenza sanitaria ‘outdoor’ trascurata lasciata al caso, non edotta ed organizzata per comprimere il rischio di contagio, le troppe vittime sul lavoro per impreparazione e inadempienza, e l’assenza di ricerca di condivisione, espongono l’amministrazione regionale ad un j’accuse, i cui effetti saranno assai pericolosi, non tanto per la vostra credibilità personale ma per quella delle istituzioni.
Ispirandosi a Giosuè nella Bibbia, il PD regionale pensava che bastasse suonare le trombe per far cadere le mura di Gerico, muovendo da porta Gallera, ma come la scienza archeologica insegna, le mura di Gerico non caddero per il suono delle trombe israelite, bensì per la corrosione prodotta dal logorio nel tempo. Covid-19 è un virus che ha portato alla luce un altro ‘virus’, quello che entra in un organismo sfruttandone le cellule per produrre nuove copie di sé stesso, è questo virus è quello del potere da preservare e da ramificare, quale antidoto alla perdita del potere stesso; così appare il sistema sanitario lombardo, e la pandemia lo ha o lo sta per evidenziare.
Se le improvvide trombe del PD, facilmente prevedibile, non hanno prodotto alcun effetto presupposto, la Gerico sanitaria della Lombardia, si sta sgretolando a cominciare dall’immagine, la sua tracotante rappresentazione di perfezione a meraviglia del Paese e non solo, si sta configurando come il condizionamento negativo per tutti gli altri, per quanti anelano a ritrovare il più rapidamente una normalità possibile. Alle porte della ‘Gerico della sanità’ lombarda, incominciano a premere coloro che si sentono vittime, ricorrendo all’ariete delle Procure della Repubblica, una prassi purtroppo consolidata, ogni qualvolta la responsabilità della politica viene meno, ed è facilmente pronosticabile che il numero degli assedianti tenderà a crescere e e ad essi si uniranno anche le istituzioni che sono e saranno le nuove vittime del ‘durante’ virus, i sindaci chiamati a regolare una diversità di comportamenti sociali mai con loro convenuta.
Ci siamo illusi che a prendere il sopravvento potesse essere l’intelligenza della politica, quella che nelle congiunture tragiche sospinge l’inclusione per sollecitare condivisione e corresponsabilità nelle soluzioni da adottare, sindaci, forze politiche e sociali, ma ciò che appare evidente è quel ‘non possumus’ imposto dal virus delle mura di Gerico, che si paluda col cocciuto orgoglio, con l’alibi della scienza manifestate con tracotanza e autarchia, che evidenziano la decadenza sia culturale e sia politica che sospinge a rifiutare ogni critica e si sottrarsi da ogni confronto.
La sanità lombarda è da lustri privatizzata, non solo per la presenza di capacità d’investimenti e operatività privata, bensì per la privatizzazione partitica del suo management, votato più al controllo che non dirigere con coerenze e competenza la complessità di un sistema sanitario, mai voluto far evolvere in socio-sanitario, come imposto per legge, da uno dei Governi Berlusconi. La critica al modello sanitario lombardo, non è quindi ideologica bensì funzionale e culturale, perché non corrisponde ad alcun modello di salute pubblica, e la sua metamorfosi nel tempo lo rende strutturalmente e culturalmente inadeguato ad affrontare una pandemia, e queste non sono illazioni ma, purtroppo per gli effetti prodotti, la constatazione documentabile che accusano, per ora solo d’incompetenza e omissioni, la classe dirigente e e il governo regionale lombardo.
‘Costretti a viaggiare a fari spenti nella notte più buia’, è l’ultima attenuante lanciata dall’assessore Gallera, con tono che non consente di distinguere se beota o beato, ma chi non li ha accesi i fari, o meglio chi li ha rimossi, questo non viene detto, fa parte delle tante e forse troppe omissioni di questa drammatica vicenda. Si ha l’impressione che lo ‘tzunami’ si sia abbattuto sulla spiaggia lombarda, mentre i gruppi dirigenti politici, tecnici e scienziati al seguito l’aspettassero paciosi sulla battigia, e da li è incominciata la meschinità del prosieguo politico teso solo a ricercare attenuati e deresponsabilizzazioni affidandosi alle ‘direttive deresponsabilizzanti’ delle scienze nazionali e locali.
‘Nessuno poteva sapere come affrontare una pandemia’ eppure non doveva essere così. Anno 2006, il deprecato Governo Monti, accogliendo le sollecitazioni dell’OMS, che causa il ripetersi di gravi situazioni epidemiche nel mondo, allertava tutte le nazioni a predisporre ed aggiornare nel tempo, piani per il contenimento del rischio pandemico. Stato e Regioni convennero dell’utilità di realizzarlo e lo predisposero. L’occasione per testarne la validità fu dal preannunciato rischio per il temibile virus H1N1 nel 2019, che fortunatamente, come gli uragani perse forza lungo il percorso. Coscienziosamente a virus accantonato, la dirigenza sanitaria lombarda di allora, verificò il riscontro dell’applicazione del piano e rilevando le troppe e fondamentali inosservanze, che solo la minore intensità evitò di arrecare drammi.
Quali erano e dovrebbero continuare ad essere le ‘pietre angolari’ del piano, e non è certo ozioso rileggerle e domandarsi, se fossero state adottate, lo ‘tzunami’ avrebbe procurato gli stessi effetti? Purtroppo, non vi è prova contraria, ciascuno può comunque ripercorrendo la cronaca di Covid in Lombardia, cogliere le omissioni e provare a collegarle alle tre macro drammatiche immagini che configurano il virus in Lombardia: la fila dei carri militari che trasportano le bare dei defunti da Bergamo, i reparti di rianimazione negli ospedali e la curva impennata del grafico dei decessi nelle RSA.
Identificare, confermare e descrivere casi d’influenza causati da nuovi sottotipi virali, per come conoscere tempestivamente l’inizio della pandemia. (le polmoniti anomale riscontrate dai MDB, in precedenza al caso e la casualità dell’intercetto del paziente 1 ?)
Minimizzare il rischio di trasmissione per limitare la morbosità ( Codogno, Alzano, Casapusterlengo ecc. sanificazioni e tamponi ?)
Ridurre impatto della pandemia sui servizi sanitari e sociali e mantenimento dei servizi essenziali (Scorte fisse strategiche di DPI, sieri, vaccini, capacità di analisi ?)
Assicurare adeguata formazione del personale coinvolto nella risposta. (Medici di base, operatori sanitari come e se sono stati formati?)
Garantire informazione adeguata e precisa per i decisori, personale, media e pubblico. (Al di là di numeri inespressivi, ancora oggi latitano le informazioni su contagi e decessi e guariti)
Monitorare efficienza interventi. (Non necessaria perché non ci sono né gli interventi sui sintomatici non ricoverati e si è avversata e si ostacola la diagnosi tramite tamponi mirati e test sierologici).
Piani che impongono scelte preventive in DPI, reagenti, sieri e vaccini, ossigeno, è questa sottostima del valore del magazzino d’emergenza a cui si deve addebitare l’inadeguatezza iniziale di strumenti per contrastare il virus. La Regione Veneto non si è lamentata perché il compito lo ha fatto, ed è per questo che occorre rifiutare ogni confronto, ‘loro hanno avuto un altro tzunami, più amichevole’.
Di tutto questo in Lombardia non vi è traccia, solo editti d’inutilità e alibi scientifici per nascondere le deficienze di gestione, mentre uscendo a est dalla regione, si entra in un altro mondo, dove la salute pubblica è sistema, così che a differenza della Lombardia, il sistema ha retto, lo affermano in modo incontrovertibile tutti numeri: ricoveri, assistenza domiciliare, decessi e tracing. Le ragioni di questo successo sono lapalissiane: un sistema di salute pubblica e non un sistema sanitario; una unità di comando chiara e incontrovertibile che risponde ad un piano prestabilito e flessibile per l’aggiornamento, un sistema che fa del presidio territoriale un’articolazione vitale, un sistema che si affida a una sola regia scientifica pubblica e che ha fatto del dato epidemiologico l’atomo propedeutico alla creazione delle base dati che supportano il ‘cruscotto’, ed infine una dirigenza selezionata per professionalità, costruita in casa e non assoldata tra i sodali di chi governa e di chi li legittima a governare.
Covid, un virus inaspettato? Forse a dicembre sì, ma al 20 di gennaio non lo era più, e dal 20 di gennaio al 20 di febbraio che si è fatto, e poi successivamente ? in Veneto con periodicità uscivano determinazioni che rafforzavano e aggiornavano il piano, in Lombardia solo passerelle per tentare di essere accomunati tra gli eroi che stavano nei reparti senza le mascherine.
E’ grave anzi gravissimo che siano le procure e non la politica a constatare ed evidenziare le falle di un sistema che non ha retto, perché lo dicono i numeri, e le attenuanti che si possono addurre non sono certamente quelle che avete sin qui profuso con i microfoni in mano, sono le aggravanti che accomunano, assessore, presidente e l’intero sistema, le aggravanti che impongono ai dirigenti AST di tutelarsi legalmente, sono le aggravanti di rifiutare sistematicamente qualsiasi proposta d’iniziativa che non rientri nel vostro blindato canovaccio, così come quelle di una dirigenza eterodiretta e complice che impedisce e diffida qualsiasi iniziativa che non esca dal sistema. Tutto ciò è ancor più grave perché la fase 1.5 o 2 e successive possono aver successo solo se il senso di responsabilità civica può confidare nella credibilità dell’insieme istituzionale e corre il più che ragionevole rischio che non possa essere così. perché i sindaci, titolari della salute delle proprie comunità, sono estraniati da ogni decisione e lasciati soli a gestire i divieti, anche se, in Lombardia, molti di essi sonno conniventi per sodalità, per convenienza, due per tutti i sindaci di Lodi e Merate, punta dell’iceberg di un più vasto e distribuito sistema di degrado del valore della responsabilità civica.
Seppur non condiviso dall’ineffabile segretario del suo partito, il MES porterà risorse per adeguare programmi e modalità di gestione della salute dei lombardi, lei sa bene che il modello non regge, i lombardi hanno paura di recarsi negli ospedali perché non sanno ancora come e dove ci si contagia perché non glielo sapete o volete dire, ma sanno che negli ospedali lombardi è facile il contagio e non solo, tragicamente vera la vignetta di Giannelli sul Corsera, dei due vecchietti seduti sulle panchine della Baggina, che vedono arrivare i carabinieri e si augurano che vengano a prendere loro, perché in carcere ci si contagia meno che al Pio Albergo Trivulzio.
Il buio non è finito, presidente, ma la macchina è e sarà ancora priva di fari.