La costruzione di quel monumento così grande e imponente, “ Vittoriano” – progettato nel 1884 dall’architetto, conte Giuseppe Sacconi e innagurato nel 1911, venne deliberato con legge del 25 luglio 1880 per glorificare un fatto storico, l’Unità d’Italia, e onorare il suo principale artefice, Vittorio Emanuele II “ il gran Re fondatore dell’Unità Nazionale”.
Nel marzo del 1885 ebbe luogo la posa della prima pietra e nel giugno del 1911 l’ inaugurazione del “Vittoriano” addossato al Campidoglio, con una grande manifestazione che l’Italia unitaria abbia mai visto.
Consolidatasi l’unità nazionale, e in epoca successiva, la dedica del monumento al grande re perdeva urgenza simbolica, mentre subentrava l’esigenza di connotare l’immensa mole di un significato emotivamente più rappresentativo: da monumento a Vittorio Emanuele II ad Altare della Patria, stabilendo di collocare nel “Vittoriano” la salma di un soldato ignoto, simbolo di tutti i caduti e dispersi in guerra e simbolo comune di una unità che sembrava finalmente ritrovata.
L’origine dell’idea di glorificare il Milite Ignoto in un monumento nazionale, in quanto simbolo del sacrificio della vita persa per la patria sui campi di guerra, sembra sia risalente al colonnello Giulio Douhet, quale fondatore di un’associazione “Unione Nazionale di Ufficiali e Soldati”, che lanciò per primo la proposta sulla Rivista periodica della sua stessa associazione. Nell’articolo l’autore suggeriva di onorare i caduti le cui salme non sono mai state identificate, con la creazione di un monumento al “Milite Ignoto” a Roma, sul quale tutte le madri che non potevano piangere sulla tomba del proprio figlio avrebbero potuto onoralo in quella. Un tributo di venerazione al sacrificio compiuto in silenziosa obbedienza “di chi non è mai più tornato” da una guerra di massa, che aveva generato orribile carneficina di soldati del popolo italiano, popolo cristiano fatto di contadini, operai e di gente povera e semplice.
Così, il 20 agosto 1921 il Ministro della Guerra, On. Gasparotto, emanò le prime disposizioni per le “ solenni onoranze alla salma senza nome di un soldato caduto in combattimento al fronte italiano nella guerra 1915-1918.”, costituendo una commissione formata dal Generale Giuseppe Paolini, dal Colonnello Vincenzo Paladini, dal tenente Augusto Tognasso, dal sergente Ivanoe Vaccarini, dal caporal maggiore Giuseppe Sartori e dal soldato Massimo Mori, tutti decorati. Il compito principale di questa commissione era quello di trovare, con la consegna rigorosa del silenzio, in undici luoghi diversi e negli sparsi cimiteri militari, undici salme di soldati non identificati, totalmente privi d’identità, uno per ogni zona, e in località dove più aspra era stata la battaglia: San Michele, Alto Isonzo, Cadore, Basso Piave, Asiago, Montello, Pasubio, Tonale, Grappa, Gorizia, Rovereto.
In ognuna di queste zone, doveva esumarsi una salma che doveva essere collocata in una bara di legno, di forma e dimensioni uguali alle altre e fatta portare alla cattedrale di Aquileia.
Un primo concentramento di sei salme degli ignoti avvenne a Udine; poi il 18 ottobre a Gorizia e il 27 ottobre tutte e undici le bare dei caduti senza nome furono schierate ad Aquileia, nella basilica dove poi si è svolta la cerimonia della scelta del “Milite Ignoto”.
Le cronache ci riferiscono che per questo triste compito fu designata una oscura popolana triestina, Maria Bergamas, (nativa di Gradisca d’Isonzo il 23.1.1867) il cui figlio Antonio aveva disertato dall’esercito austriaco per arruolarsi volontario nel Regio Esercito, cadendo in combattimento il 18 giugno 1916 sul monte Cimone, senza che il suo corpo fosse mai identificato, che rappresentava per l’Italia tutte le madri che avevano perso dei figli in guerra e non potevano piangere sulla tomba del proprio figlio. Maria Bergamas ebbe l’incarico di scegliere la bara (tra le undici bare senza nome) in cui era custodita la salma, di quello che, poi, viaggerà sino a Roma verso l’Altare della Patria e che sarebbe dovuto diventare il simbolo di tutti i Caduti della Grande Guerra, il Milite Ignoto.
Sempre le testimonianze dell’epoca, ci riferiscono che dopo la benedizione, con l’acqua del Timavo, degli undici caduti, da parte del Vescovo di Trieste, alla presenza del Comandante della III Armata e la folla piangente, la donna (Maria Bergamas) venne posta di fronte alle undici bare, allineate, dei soldati ignoti, sorretta da quattro decorati di medaglia d’oro che l’accompagnavano nella scelta, (il generale Paolini, il colonnello Marinetti, l’on.Paolucci e il tenente Baruzzi) che l’accompagnavano nella scelta della bara. Dopo essere passata davanti alla prima, improvvisamente sentendosi quasi mancare, non riuscì a proseguire la ricognizione e si accasciò in ginocchio davanti alla seconda bara, incapace di andare oltre, gridando con singhiozzi di patimento e strazio di dolore, il nome del figlio disperso e su quella bara alzato il braccio gettò il segno della scelta, il suo velo nero da lutto e non il bianco fiore che teneva stretto in mano, secondo il rituale che le era stato prescritto. Lo scrittore Otello Cavara, autore di “Il Milite Ignoto” , così descrive in un frammento del suol libro: “ Escono allora dagli scanni, le madri e le vedove in gramaglia che ricoprono di fiori e di baci la bara del prescelto. Ma l’istinto materno le avverte che anche le altre bare chiamano, vogliono il fiore e il bacio: e l’omaggio si profonde agli undici prodi, a tutti i prodi d’Italia. Mutilati e combattenti sollevano la seconda bara e la recano sul catafalco centrale eretto per il Milite Ignoto prescelto. Gli undici crisantemi della bambina di Bassano che non conobbe il padre morto in guerra, sono distribuiti ciascuno su una bara . Di fuori, intanto, le musiche squillano la canzone del Piave.” Ora non rimaneva che traslare la salma a Roma. La cassa con il “Milite Ignoto” fu collocata in un contenitore di zinco, racchiusa in una bara speciale di quercia munita di rinforzi in ferro cavati da scudi di trincea, ( i sostegni ai quattro angoli della cassa erano costituiti da autentiche bombe a mano prese dal materiale di trincea) fatta allestire dal Ministero della Guerra ed inviata a verso l’Altare della Patria. Per il trasferimento a Roma della salma, si dispose l’allestimento di un treno, carico di fiori, appositamente formato da 17 vagoni con in testa un carro speciale sul quale era collocato un affusto di cannone e su questo la bara del Milite Ignoto con sopra collocati un elmetto, un fucile, una bandiera e le medaglie d’oro delle tre città friulane.
Le altre salme dei soldati ignoti furono vegliate e tumulate, in forma solenne, nel cimitero retrostante la cattedrale stessa di Aquileia.
E mentre Aquileia rendeva il suo omaggio, Roma, l’Urbe sotto il sole d’Italia, si accingeva a glorificare quel “Soldato Ignoto” che avrebbe rappresentato (e rappresenta tutt’ora) i dispersi di guerra, tutti i ritorni mancati di soldati, ai quali era preclusa la possibilità di una preghiera e di un fiore sulla sepoltura.
La sacra Salma sarà riposta – con esequie solenni il 4 novembre 1921- nel suo luogo di eterno riposo, nel sacello, ai piedi della marmorea Dea Roma, in asse con il monumento del re, nel centro dell’Altare della Patria. La lapide che sigilla il sepolcro del soldato sconosciuto, reca incisa una piccola croce.
Maria Bergamas morì nel 1952 e le sue spoglie, il 4 novembre 1954 furono tumulate a fianco dei Militi ignoti nel Cimitero degli eroi di Aquileia.
Questa è la storia del Milite Ignoto, soldato sconosciuto, simbolo di tutti i caduti d’Italia in tutte le guerre.