A Referendum avvenuto serve a poco – a parere mio – disquisire sulle proposte contenute nei quesiti ed è opportuno lasciare alla valutazione dei futuri programmatori le comparazioni tra ciò che c’è di utilizzabile o meno e le situazioni comparabili in casa nostra e fuori.
Quello che invece mi sembra possa essere fatto con serenità è un confronto tra le ‘ideologie’ del no e del sì. In generale, e qui solo per approssimazioni.
Nei referendum si propongono quesiti per cui chi risponde manifesta o conservazione o progresso, senza poter cedere a mediazioni ragionevoli.
Credo che si possa sostenere che queste posizioni siano spesso entrambe ideologiche e provengono da situazioni culturali che – fatte salve le questioni di merito, nel caso dell’Atac si potrebbe disquisire a lungo, come invita Sartogo – provengono da processi storici, da situazioni di insicurezza, da sensazioni contemporanee.
Il contrasto tra le posizioni del sì e del no accende gli animi e radicalizza le opinioni.
È probabile che ciò provenga da una rigidezza culturale atavica che premette le proprie opinioni o credenze alla visione della realtà e determina comportamenti assoluti e contrastanti tra i sostenitori delle due opzioni.
Manzoni ci invitava a non dividere il bene dal male con un coltello, come fosse una pagnotta di pane. In un referendum ci si trova invece in una situazione radicale per cui è sì o è no.
Le due posizioni sono in genere accomunate dalla condivisioni di principi ideologici. Non da valutazioni ragionevoli – se non razionali – di stati di fatto.
Dipendono come dicevo da processi storici, da strutture culturali che nel nostro paese ritengo che provengano da culture legate nei secoli alla concezione verghiana della ‘roba’, alla prona acquiescenza alla fede priva di riforme e di sensi critici.
Come si può uscire da questa cultura?
Le classi dirigenti – che sono poi la nostra espressione – non aiutano in questo.
La mancanza di soluzioni ragionevoli e rapide, non faziose, porta alle divisioni manichee come in molti casi è avvenuto nel referendum Atac.
Discussione e confronti non ce ne sono stati. Informazioni complete nemmeno.
Lo stato disastroso dell’Atac richiede soluzioni che a parer mio erano velatamente sostenute dai questi e avverabili con una risposta affermativa. La critica a questa decisione è rispettabile. Certo non si possono contrapporre modelli esistenti a speranze future.
Chi è andato a votare, visto il numero esiguo, ritengo che in gran parte lo abbia fatto per una scelta razionale.
C’erano comunque contrapposizioni ideologiche legate sì al colore politico della Giunta capitolina ma anche, per esempio, ad una ostinata concezione che il pubblico sia meglio del privato e così via.
Moltissimi non sono andati a votare. È mancata sicuramente l’informazione ma c’è stata anche una scelta ideologica, accidiosa.
Anche l’accidia sostiene le ideologie. È un’ideologia essa stessa: a che serve votare?
È anche questa una grande ideologia. La mia ‘roba’ la difendo da solo e la fede mi darà una mano.