Foto da Pixabay.com
Tempo fa scrissi un articolo che riguardava l’azione legale mossa da adolescenti statunitensi nei confronti dello Stato americano perché, secondo loro, era a conoscenza del riscaldamento globale ma non si era impegnato a fondo per combatterlo e le misure messe in campo non erano sufficienti per ridurre le emissioni in maniera significativa. Mi auguravo che anche in Europa succedesse. Ed in effetti, a seguito degli spaventosi incendi scoppiati quest’estate in Portogallo con il tragico bilancio di oltre 60 morti, così è avvenuto. Come ricorderete l’estate 2017, caldissima, è stata una delle peggiori per il numero di incendi, purtroppo molti di essi di origine dolosa. Ma causa i fortissimi venti secchi e la prolungata siccità difficilmente controllabili, come riporta la mappa interattiva degli incendi gestita dalla Comunità Europea.
Come è successo negli USA, un’associazione no profit, Glan, che si occupa di diritti umani, considera che uno dei fattori che ha reso gli incendi in Portogallo particolarmente aggressivi sia proprio il cambiamento climatico accelerato ed enfatizzato dall’attività dell’uomo sulla Terra. Per tale motivo l’associazione vuole rappresentare di fronte alla Corte Europea dei diritti dell’uomo un gruppo di adolescenti che vogliono denunciare gli Stati Europei per la loro inerzia nella riduzione dei gas serra. Non che gli Stati siano direttamente responsabili degli eventi che accadono, come incendi ed alluvioni, ma è la loro mancata azione nei confronti del cambiamento climatico che li rendono estremi.
Non solo, secondo il pool di avvocati dell’associazione, come scrive l’Osservatorio dei diritti, testa on-line italiana, nel suo articolo, si prefigura anche, oltre alla vita a rischio, un’altra violazione alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo: il divieto di discriminazione sancito dall’articolo 14.
Per avvalorare la tesi, nell’ambito della fase di introduzione della causa, l’associazione sta raccogliendo le prove scientifiche per dimostrare che i governi sarebbero già tecnicamente in grado di tagliare le emissioni ben oltre gli obiettivi stabiliti dall’accordo di Parigi del 2015. Per nostra memoria l’Accordo di Parigi è un accordo politico e non tecnico e rappresenta un compromesso che si adatta a tutte le esigenze.
Perché alla Corte Europea?
Il fatto che si presenti la causa direttamente alla Corte Europea è per citare in giudizio tutti i principali emettitori di gas serra fra i 47 Stati che hanno aderito alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), che sono tutti gli Stati europei più Russia, Turchia ed altri.
Le richieste si concentreranno su due punti fondamentali: ossia di imporre agli Stati membri di rafforzare significativamente le loro politiche per la riduzione delle emissioni e di impegnarsi ad usare molto meno i combustili fossili.
La causa, ancora da finire di istruire, verrà presentata alla Corte dei diritti dell’uomo nella seconda metà del 2018, dopo la raccolta di tutta la documentazione tecnica necessaria. Dopo di che ci sono da conteggiare i tempi lunghi, anche qualche anno, dell’iter processuale con una dichiarazione finale che probabilmente si limiterà a prendere atto dell’incapacità politica di fare fronte al cambiamento climatico, violando, di fatto, i diritti umani. A quel punto sarà più facile fare le cause direttamente agli Stati.
Noi che possiamo fare?
Noi possiamo donare una piccola somma attraverso la piattaforma Crownjustice, per consentire alla causa di procedere serenamente.
E negli USA come procede la causa?
Il procedimento continua. La notizia più recente, reperibile sul sito di Our Children’s Trust è che il tribunale ha rigettato l’istanza di non luogo a procedere presentata dall’Amministrazione Trump. I tempi della giustizia americana sono molto più veloci di quelli europei per cui è probabile che a breve si arriverà ad una sentenza che segnerà una svolta epocale nella gestione del cambiamento climatico.