La complessità delle prospettive politiche e di governo del futuro del Paese evidenzia la sindrome del ‘Fuehrerprinzip’, il principio di supremazia del capo che, per il venir meno di alcuni principi basilari di democrazia e di etica della condivisione, rende omologhi tutti i protagonisti che ne sono affetti.
Da sempre, nei sistemi elettorali rappresentativi a indirizzo proporzionale, la composizione delle liste elettorali suscita polemiche e sospetti, sia per le ‘ sofferte estromissioni’, sia per lo sconforto generato dall’impossibilità di nuove e più qualificanti inclusioni.
Il ‘Fueherprinzip’ prescinde da ogni valutazione qualitativa dei fortunati designati; lo stesso dicasi del ‘diritto’ del segretario – reale o virtuale – a dettare i criteri per la formazione delle squadre da mettere in campo allo scopo di garantire la tenuta su una linea politica che peraltro nessuno degli autocandidati alla premiership rende manifesta.
Berlusconi, Salvini, Renzi, la cooperativa a responsabilità limitata di Liberi e Uguali, così come Di Maio & Casaleggio associati, hanno come comune denominatore l’intento di assicurarsi liste di contubernali, pronti a seguire ciecamente il capo nella preannunciata incertezza del dopo voto e nel sistema di prevenzione dell’insidia costituzionale, contro il vincolo di mandato.
Non vi è dubbio che il passaggio dal sistema bipolare a quello tri- o quadripolare privilegi il ricorso al tatticismo mimetico e alla suggestione visionaria: la campagna elettorale infarcita di promesse senza vincoli ne è la premessa e, se comporta l’esigenza di plasmare partiti e movimenti all’indole del capo, diventa anche un pericoloso principio di degrado della politica e delle istituzioni.
Il rischio è la pantomima di una democrazia già minata dalla sua costante involuzione giudiziaria, con una rappresentatività affidata a sistemi elettorali ‘infelici’ e a rischio di estinzione il giorno successivo alle elezioni, nonché ingannevoli per un elettore che non sia in grado di coglierne le reali prospettive, a cominciare dall’alta improbabilità che gli aspiranti premier indicati sulla scheda elettorale possano diventare tali.
Il principale effetto che il ‘Fueherprinzip’ provoca è il venir meno del rapporto tra eletti e territori che, in uno scenario globale e caratterizzato più dalla competizione tra territori che da quella tra gli stati, rappresenta una pericolosa contraddizione.
Partendo dall’esigenza di prevenire il rischio di annientamento del ruolo fondamentale delle istituzioni territoriali, l’elezione del Presidente della Lombardia diventa la priorità per il 4 marzo. Ogni analisi sul comportamento elettorale degli italiani evidenzia l’affievolimento delle appartenenze tradizionali, cui ancora nessuna cultura politica si è sostituita se non quella della semplificazione antisistema, a cui si affianca il prevalere di un rapporto negoziale con la politica, non più legato alla immediatezza del voto di scambio, bensì basato sulla fiducia e sulla credibilità del fare.
In Lombardia, la ribellione nei confronti della sindrome da ‘Fueherprinzip’ spetta ai sindaci lombardi: è una battaglia che Sala sta conducendo da tempo, a tutela delle prerogative dello sviluppo della grande Milano, e alla quale deve unirsi anche Gori, impegnato a sottrarre la Lombardia da un quarto di secolo di conduzione in modalità partitica. Si può fare meglio: ogni generazione politica ha l’obbligo di migliorare quanto riceve e di fare anche di più.
Il confronto tra Fontana e Gori è improponibile. Fontana è un’espressione periferica della partitocrazia nonché della burocrazia amministrativa, Gori è l’espressione di uno standard di dovere civico più elevato perché costituito da una lunga esperienza manageriale ed organizzativa di tipo imprenditoriale, una caratteristica del fare e del saper fare dei lombardi.
Solo una forte Milano e una forte Lombardia, può impedire la deriva prodotta dal ‘Fueherprinzip’.