Nel 2016 in Italia sono sbarcate oltre 181 mila persone, di cui il 13% sono donne.Si parla poco della migrazione femminile e si tende, invece, a etichettare l’atto migratorio come prettamente maschile. Il flusso femminile, però, è in aumento.Sono molte le donne che intraprendono il viaggio della speranza, costrette o per scelta personale. Molte partono con la famiglia, con i figli o con il partner, ma alcune viaggiano sole. Provengono prevalentemente da Nigeria, Somalia, Eritrea e Gambia.La migrazione femminile comporta rischi molto più elevati rispetto a quella maschile e le violenze fisiche e psicologiche sono all’ordine del giorno.Le donne che viaggiano sole sono sottoposte a numerose violenze sessuali, una sorta di lasciapassare per raggiungere gli step successivi.Non è un caso, infatti, che agli sbarchi il numero di donne incinte sia sempre elevato. Le gravidanze possono essere la conseguenza di stupri o servono a prevenirli.Infatti, consapevoli degli abusi che potranno subire, alcune ragazze decidono di partire incinte, per non essere poi violentate.Le donne nigeriane sono le più sfortunate, se così si può dire. Prima della partenza, si affidano alle cosiddette “madames” che ne organizzano il viaggio in cambio di somme altissime. Le stesse “madames” si occupano poi di gestire la tratta della prostituzione in Europa. Le migranti sono minacciate continuamente: devono obbedire agli ordini, altrimenti le loro famiglie ne pagheranno le conseguenze. Il viaggio inizia. La prima tappa dopo Benin City è Agadez, città al confine fra Nigeria e Libia. Qui le donne subiscono le prime violenze: vengono abusate sessualmente dai trafficanti nel deserto, prima di varcare il confine con la Libia. In Libia possono essere condotte verso le coste per essere poi stipate su barconi sovraccarichi, pronti a partire alla volta dell’Italia, in cambio di altre somme di denaro. Oppure finiscono in prigione, dove vengono ripetutamente abusate, e per uscirne, sono costrette nuovamente a pagare. Una volta arrivate in Italia, se sopravvivono al mare, sono avviate alla prostituzione da altre “madames” e difficilmente riescono a scappare. La migrazione femminile non è soggetta a violenze solo prima e durante il viaggio, ma anche dopo. Una volta arrivate in Europa, infatti, le donne migranti sono emarginate. Se hanno studiato, non vedono i propri titoli riconosciuti e non riescono a trovare lavoro facilmente.Le alternative per racimolare qualche soldo, si ritrovano nelle attività illegali, come sfruttamento e prostituzione.Spesso, inoltre, la loro situazione è resa più difficile dal fatto di non essere in possesso di status regolari, per cui ritrovare un equilibrio è ancora più faticoso.Inoltre, nelle strutture di accoglienza spesso non è dedicata una particolare attenzione alle donne che hanno poca privacy. Queste nei centri si occupano dei figli e sono delegate a svolgere le mansioni considerate prettamente femminili, come mettere in ordine la stanza e preoccuparsi delle faccende domestiche. La migrazione femminile necessita di una maggiore e delicata attenzione. Le donne dovrebbero essere oggetto di cura da parte dei centri profughi deputati alla loro accoglienza. Avrebbero bisogno di spazi di confronto e di aiuto, per essere sostenute nell’affrontare i ricordi traumatici del loro atto migratorio e per riuscire a ritrovare la stabilità che hanno perso nel loro nuovo paese.