Tra le tante slides di Renzi quelle sulla “Buona scuola” sono sempre state le più gettonate, complice forse l’amabile moglie Agnese che è riuscita nel miracolo di accudire una famiglia numerosa, di fare l’insegnante e , in momenti topici, di fare anche la First Lady. Uno dei mantra renziani prediletti è stato il merito, questo valore sconosciuto nella arcaiaca ed egualitaria scuola italiana, che ha sempre preferito pagar poco tutti con uno scambio al ribasso poco lavoro, poco salario, benedetto dai sindacati. La “Buona scuola” aveva promesso una rivoluzione copernicana: basta egualitarismo, basta aumenti basati sull’anzianità, ora si pagheranno di più gli insegnanti migliori e i peggiori impareranno la lezione. Da ora in poi sarà il merito la stella polare delle retribuzioni del personale della scuola, basta appiattimenti salariali.Poi la delusione. Spenta la grancassa della propaganda renziana, la prima applicazione della legge ha partorito il classico topolino. Il bonus del merito, finalmente arrivato tra i regali di Babbo Natale, si è, infatti, rivelato ben poca cosa. Quattro soldi utili per qualche ragalino, ma che certo non hanno rimpinguato il magro bilancio familiare degli insegnanti italiani, come è noto tra i peggio pagati d’Europa e senza contratto da quasi otto anni. Il bonus del merito ha , inoltre, fatto arrabbiare chi non l’ha preso, e ha frustrato chi l’ha preso. Un vero capolavoro politico! Pagato a caro prezzo dal ministro Giannini, unica esclusa dal nuovo governo Gentiloni. Per demerito conclamato, evidentemente. Del resto era facile preconizzarne l’esito infausto. Fatte le debite eccezioni lodevoli, senza indicazioni nazionali su come valutare il merito , le scuole e i presidi ha fatto quel che hanno voluto, svilendo spesso un obiettivo ambizioso a vantaggio di un consenso ottenuto premiando di tutto e di più. A Palermo si è giunti persino all’autovalutazione del merito!
Ora il rischio è la cancellazione di un istituto, la valutazione per merito, che esiste in tutti i paesi europei e che potrebbe anche dai noi dare una scossa alla scuola nel segno di una forte modernizzazione. Ce la farà la nuova ministra Fedeli a rilanciare gli aumenti di merito? O come al solito l’ignavia italica e il conservatorismo sindacale avranno la meglio? Da inguaribili ottimisti ci permettiamo di dare un paio di suggerimenti: 1. Emanare criteri nazionali per la valutazione dei docenti, 2. Defiscalizzare gli aumenti di merito come si fa per gli accordi sindacali aziendali. L’alternativa è alzare le mani e arrendersi all’impossibilità di cambiare questo Paese.