Quattro. Siamo già a quattro candidati alle primarie, peraltro non ancora indette ufficialmente, per la scelta del nuovo segretario democratico. Cinque se si mette in gioco, e perché no, l’attuale segretario Maurizio Martina. Altri immagino se ne aggiungeranno. Almeno un paio di donne, per non fare la figura dei trogloditi. Candidati al momento senza un profilo politico definito. Ben giudicati o mal giudicati più per la presunta, auspicata o negata intenzione di stringere un’alleanza con i 5 Stelle. Ma nessuno al momento, anche se forse è presto, ha messo in luce un proprio programma per la rinascita del partito, dopo la batosta elettorale dello scorso marzo, e soprattutto un progetto di alternativa di governo al blocco legastellato, capace di prefigurare un’altra Italia e un’altra Europa. Alcune sembrano delle controfigure, non me vogliano, Richetti di Renzi, Boccia di Emiliano, altri hanno una personalità propria come Zingaretti, sostenuto dai maggiorenti di quel che è rimasto del gruppo dirigente non di osservanza renziana. Ma questo appoggio, aldilà delle buone intenzioni, fa di Zingaretti un candidato un po’ retro’ senza quella energia innovativa che oggi servirebbe. E’ l’eterno ritorno della vecchia sinistra socialdemocratica in crisi in tutta Europa. Immaginare che questi candidati possano scaldare gli animi di elettori e militanti di sinistra è francamento illusorio. Rischiamo un flop della partecipazione e di deludere un elettorato democratico stanco di finti dibattiti e poco attratto dai vari narcisismi. Inoltre per come sta andando l’economia italiana, cioè a rotoli, non possiamo chiuderci in un dibattito autoreferenziale per mesi e lasciare sguarnito il fronte di guerra con il governo delle destre populiste. Deve essere chiaro a tutti che siamo in guerra. C’è un governo che vuole affossare l’Italia, che vuole distruggere l’Europa, facendo pagare un prezzo elevatissimo al risparmio e al lavoro degli italiani. Non possiamo stare a bordo campo per i nostri rituali di partito. Dobbiamo essere in battaglia da subito. Si decida in fretta un nuovo leader con procedure accelerate e ci si metta al lavoro per creare una vera opposizione, una opposizione di governo, non di tweet , in grado contestare gli sciagurati provvedimenti di Di Maio e Salvini e di costruire un fronte largo, formato da tutti gli europeisti, capace di battere i partiti della destra nazionalista e illiberale alle elezioni europee di maggio. E, caso non improbabile, se il governo cade prima di essere già competitivo per eventuali nuove elezioni politiche di primavera.