di Carlo Ambrogio Mezzabarba
La discussione e il caso politico legato al DDL Cirinnà che tratta delle cosiddette “Unioni Civili” tiene banco nel panorama politico attuale e lo farà per il prossimo periodo.
La legge infatti arriverà presto in Aula dove sarà oggetto di un (immagino) serrato dibattito e infine verrà votata. Di mezzo ci sono eventi come la manifestazione di ieri in 98 piazze d’Italia e il Family-Day a Roma il prossimo fine settimana. Al termine di questo excursus politico e mediatico, il nostro paese potrebbe avere per la prima volta una legge che regolarizza situazioni giuridiche ritenute degne di tutela da quasi tutti i paesi europei. Dico “potrebbe” perché gli oppositori a questa legge c’è il mondo cattolico italiano (politico e non) che è una grossa fetta della popolazione del paese.
Lungi da me il contestare la legittimità di un pensiero di opposizione alle Unioni Civili, pensiero che io non condivido ma che riconosco come valido, ritengo comunque che un’opposizione in Parlamento che miri ad affondare la legge o che miri a posticiparne il licenziamento, come propspettato da alcuni parlamentari e esperti, mi sembra una propsettiva politicamente orrenda.
Per intenderci: se la Legge non passasse per qualche voto o per “balzelli” di alcuni parlamentari, non significherebbe aver espresso un’opposizione politicamente valida, perché sarebbe ottenuta con sotterfugi e artifici un po’ ridicoli in confronto al tema. Stiamo parlando di diritti civili e di una questione di civiltà (secondo me) e quindi ritengo che se in Parlamento non si riuscirà ad avere una maggioranza netta, in un senso o nell’altro, bisognerà trovare altri canali per dare piena legittimità politica alla decisione parlamentare.
Vista la particolarità del tema, che possiamo anche definire come etico, e vista l’impossibilità di trovare un ampio sostegno numerico alla legge in Parlamento, ritengo che si debba dare la possibilità ai cittadini di scegliere in via diretta, come già fu fatto in passato su temi del genere (vedi divorzio).
Si vari quindi il DDL Cirinnà e poi si raccolgano le firme per fare un referendum abrogativo. Il referendum sul divorzio fu una grande battaglia politica, organizzato insieme da chi aveva visioni differenti: i promotori furono i cattolici e la DC ma anche i Radicali e il Partito Socialista Italiano, parteciparano alla raccolta firme pur essendo tra i principali sostenitori della Legge Fortuna-Baslini.
Per chi si oppone alla Legge Cirinnà, anziché accendere le luci delle finistre,
anziché star lì a contare voti e a fare l’opposizione con gli emendanti, non sarebbe più dignitoso fare così? Sarebbe forse un segno di maturazione di una classe politica (tutta) che di politico ha ben poco.
Ma questa è forse utopia.