La SS36 ,in origine antica strada consolare romana , si snoda da Milano sino al confine svizzero.E’ frequentata da una popolazione varia: dai pendolari che seguono le delocalizzazioni aziendali,ai cittadini svizzeri che scendono a Milano, dai velisti che vanno sul lago, agli sciatori che si recano in Valsassina o a Bormio, oltre agli immancabili camionisti.E’ un’ arteria di primaria importanza per la viabilità e per l’economia della città metropolitana,della Valtellina. Da qualche anno beneficia del tunnel di Monza (1) E’ una strada statale gratuita , cioè paga l’italico contribuente,nonostante i tentativi dell’ex ministro 3-Monti (2) di convertirla a strada a pagamento.Contrariamente a quanto fatto in seguito con Pedemontana e Brebemi che si pagano ,la SS36 è priva di pedaggio , ma le condizioni sono discutibili, dal manto stradale dissestato ai guard rail in perenne manutenzione,dai cantieri “volanti” alle improbabili uscite. Quando nevica si blocca il traffico. Nonostante alcuni pannelli a messaggio variabile a LED installati negli ultimi anni da Anas ,mettersi in viaggio la mattina è sempre un avventura :eppure basterebbe un accordo con una delle tante società che producono “app” per smartphone e la mattina uscendo di casa si saprebbe subito se è opportuno scegliere itinerari alternativi. Mi si potrà dire ma è gratis, ma non è una giustificazione.
Archivi per Luglio 2016
La Corte di Cassazione: Non si può usare il termine “vivisezione’’ per screditare i ricercatori
Mentre si parla dell’insediamento sull’ex area di Expo 2015 di numerose attività di ricerca biomedica, dalla Corte di Cassazione è arrivato un’importante segnale a sostegno della sperimentazione animale con la sentenza n. 14694 del 19 Luglio 2016, che ha condannato la promotrice di un sito Internet animalista che aveva bollato come “vivisettori” i ricercatori di un istituto che utilizza animali nelle proprie attività di ricerca biomedica.A Milano, ad esempio, tra il 2013 e il 2014 ci furono diverse azioni di gruppi di animalisti contro i ‘vivisettori’: l’intrusione nei laboratori del dipartimento di Farmacologia dove vennero ‘rubati’, sotto gli occhi delle forze dell’ordine, i topi oggetto di diverse ricerche, manomessi gli schedari e distrutto il lavoro di anni; la ‘denuncia’ di alcuni ‘vivisettori’ sui muri di Città Studi con tanto di nome e cognome e indirizzo di casa, l’imbrattamento minaccioso dei muri esterni dei laboratori della Sen. Elena Cattaneo, fino alla convocazione di una mobilitazione ‘nazionale’ contro l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri.La Corte di Cassazione, pur prendendo atto che i termini ‘vivisezione’ e ‘sperimentazione animale’, ovvero l’uso di animali nella ricerca di nuovi farmaci e di nuove terapie, nel linguaggio corrente sono ormai usati come sinonimi, ha condannato l’autrice per aver utilizzato i termini vivisezione e vivisettori per connotare negativamente, dal punto di vista etico, l’attività di sperimentazione, aggiungendo che l’uso esclusivo dei termini anzidetti non incideva sulla verità dei fatti, ma incideva sulla continenza del messaggio “per la forte suggestione negativa che esercita”.In altre parole, secondo la Corte di Cassazione il termine vivisezione può anche essere usato, ma non può essere brandito come una clava per indicare al pubblico ludibrio chi fa ricerca. Si tratta di una sentenza importante perché, quanto meno, costringerà i militanti animalisti a moderare l’aggressività verbale nella loro battaglia per eliminare, qui ed ora, l’utilizzo di animali (che sono per circa il 90% topi e ratti) nella ricerca biomedica, sostituendoli con i metodi alternativi che, al momento, però, sono come l’Araba Fenice.Come confermato, infatti anche recentemente, dall’European Union Reference Laboratory for Alternatives to Animal Testing (EURL ECVAM), il centro europeo di riferimento per la ricerca e la validazione di metodi alternativi alla sperimentazione animale, che volge la sua attività presso l’Institute for Health and Consumer Protection di Ispra dal 1991: “Malgrado i notevoli progressi registrati in quest’area, è corretto affermare che i metodi alternativi non sono in grado di sostituire la sperimentazione animale in tutti i settori implicati. In particolare, per gli effetti (o ‘endpoint’) tossicologici più complessi, i test sugli animali sono tuttora necessari per garantire la sicurezza dei consumatori ecc. ecc.”.L’opposizione all’utilizzo di animali nella ricerca biomedica non ha, in altri termini una base scientifica, ma solo ideologica. In Italia ogni anni si usano poco più di 700mila animali di cui, tra l’80 e il 90%, topi e ratti. Quello che non si comprende, se la priorità è la vita dell’animale, è perché l’iniziativa animalista non si concentri, allora, in primo luogo, per l’abolizione della derattizzazione che, annualmente, solo in Italia, uccide in modo atroce qualche decina, se non centinaia, di milioni di topi e ratti.
Il golpe in Turchia,le donne e noi
Forse ci siamo perse in questo mese di luglio pieno di dolore ma quello che sta accadendo in Turchia non può e non deve passare solo come parole scritte sui giornali.Agli arresti, alle epurazioni , ai licenziamenti sistematici di tutti gli oppositori di Erdogan ora si aggiungono i fedelissimi del Presidente che fanno caroselli di macchine per le strade delle città e la cosmopolita e tollerante Turchia rischia di scomparire in un mare di paure dove le donne si sentono costrette a non uscire di casa.La laicità dello Stato è scomparsa.Ma noi come donne europee cosa stiamo facendo perché tutto questo non accada?Perchè questo nostro incomprensibile silenzio?Facciamo partire dal Consiglio Comunale di Milano la nostra voce di sostegno e di vicinanza alle donne turche.
That's All Right, Mama
Il 19 luglio del 1954 veniva pubblicata a Memphis Tennessee Usa la canzone That’s All Right, Mama , la prima canzone di Elvis Aaron Presley .La canzone originariamente era stata pubblicata dal bluesman Arthur “Big Boy” Crudup il “Padre del Rock ‘n’ Roll” che ebbe successivamente riconosciuti i diritti d’autore solo negli anni sessanta al netto degli interessi arretrati.
Una delle ragioni per cui Elvis ebbe il successo planetario , pur non essendosi mai esibito al di fuori degli USA , è che frequentava indifferentemente negli anni della sua formazione sia gli ambienti bianchi che quelli neri e negli anni 50 erano da venire i fratelli Kennedy e Martin Luther King.
Quando la canzone fu trasmessa alla radio , telefonarono addirittura in 40 persone chiedendo chi fosse quel cantante di colore .Una metafora degli equivoci degna del miglior Shakespeare .Non è il colore dell’ugola a fare il cantante , in qualunque modo si faccia…. Divulgò al grande pubblico il Rock and Roll , pur non essendo il miglior cantante su piazza ne il primo bianco a cantarlo.
Elvis era biondo e si tingeva i capelli di nero….
da scaruffi.com “Elvis Presley, “the king”, fu la prima grande truffa del rock and roll, e il modello per tutte quelle che sarebbero seguite (Beatles su tutti). Cantante mediocre, fu piu` che altro una geniale trovata marketing: un bianco che non solo cantava le canzoni dei neri (come aveva fatto l’anno prima Bill Haley), ma cantava e si muoveva come un nero (in particolare copiando lo stile sul palcoscenico di Bo Diddley), trasudando sensualita` animalesca e atteggiandosi a ribelle teppista (mentre in realta` era soltanto una faccia telegenica). ….Aveva venduto in tutto oltre centocinquanta milioni di dischi (94 singoli d’oro e 40 album d’oro), e da morto ne ha venduti ancora di più. Forse perche’ non era mai veramente esistito: era stato, e rimane, soltanto un marchio di fabbrica.”
Milano, vivilestate 2016
Nonostante il caldo e l’afa, quest’anno affacciatisi a Milano solo all’inizio del mese di luglio, molte persone decidono di trascorrere il periodo estivo in città per svariate ragioni.
Certamente, molti milanesi non possono permettersi i costi di una villeggiatura fuori città, visti i tempi economicamente pesanti che stiamo vivendo.
Altri, tuttavia, ed è numero in costante aumento, decidono di non andare in ferie ad agosto, preferendo altri mesi dell’anno in cui i prezzi sono inferiori, le località turistiche più tranquille e gli spostamenti più agevoli.
E poi, c’è anche da dire, come suggeriscono alcuni bellissimi film del neorealismo italiano, in fondo la città d’estate ha un suo fascino nascosto: vuote le strade e le piazze, più calmo il ritmo di vita.
Insomma, può essere davvero un periodo per riscoprire Milano: occorre, tuttavia, impegnare soprattutto il tempo serale per chi ha voglia e possibilità di uscire di casa.
E di cose da fare, in questa estate 2016 a Milano, ce ne sono davvero molte.
Ad esempio, per gli appassionati di cinema, c’è il consueto cinema all’aperto di Milano, AriAnteo 2016: il programma è ricco e variegato, e prevede, anche in questo 2016, vari luoghi fra cui scegliere, per godersi all’aperto film fra i quali Love & Mercy e Free state of Jones, pellicole di ultima uscita.
L’appuntamento con i concerti gratuiti di Palazzo Marino torna a Milano Estate 2016 con appuntamenti di grande prestigio, uno ogni ultima domenica del mese, da maggio a novembre.
Il tema del 2016 è “Con lo sguardo di Schumann”, si tratta quindi di una rassegna all’insegna della musica dell’ottocento, rivista dai più prestigiosi talenti delle scuole musicali di Milano.
Da qualche anno a questa parte va dato merito alla Giunta milanese e all’Assessorato alla Cultura di aver davvero valorizzato ed incentivato l’offerta culturale a Milano, soprattutto nei mesi estivi in cui sono maggiormente godibili gli spazi esterni e maggiore l’afflusso turistico.
Altra iniziativa del Comune è la cosiddetta Estate Sforzesca: dal 7 giugno al 16 agosto dal palco del Cortile delle Armi del Castello Sforzesco risuonano le note musicali e le voci degli attori per la quarta edizione di questa iniziativa che prevede concerti di musica classica, jazz e contemporanea, spettacoli di danza e teatro per animare le serate milanesi.
Nella serata inaugurale, e poi nei mesi di giugno e luglio, si rinnovano gli appuntamenti con la Civica Orchestra di Fiati.
Tornano poi le rassegne Notturni Festival, Ethno Music Festival e Musicamorfosi, con un insieme variegato di jazz, swing e rock & roll.
Dedicate alla musica corale è, invece, la serata del 18 luglio con l’Associazione Ars Cantus, mentre il 2 e 3 agosto il pianoforte sarà protagonista con i concerti organizzati dall’Associazione Corti Armoniche.
Per gli appassionati di musica rock, c’è il Market Sound Milano, un festival musicale che si tiene ai Magazzini Generali di via Lombroso giunto all’edizione 2016 che prevede, tra l’altro, l’unica data italiana dei Chemical Brothers in questo 2016, il 22 luglio.
Ma il programma della manifestazione è lungo, con l’esibizione di gruppi di fama nazionale ed internazionale come gli Offspring, i Bad Religion ed i Modena City Ramblers.
Market Sound Milano 2016 prevede inoltre un ricco programma di eventi anche a misura di bambino, oltre a molteplici offerte di street food, alcune molto raffinate a chilometro zero.
Gli appassionati di calcio hanno potuto vedere gli Europei 2016, ormai conclusi, in Darsena nel Darsena Summer Village, inaugurato il 10 giugno con la prima partita dell’Europeo.
Protagonista è stato The Cube, un cubo multimediale gigante posizionato proprio sulla Darsena, che ha trasmesso tutte le partite con lo sfondo suggestivo della Darsena e del Naviglio Grande.
La Darsena, inoltre, con i suoi locali ed il Mercato Metropolitano in cui si può prendere un aperitivo o mangiare uno spuntino, è tra i luoghi “simbolo” di questa estate milanese e sarà meta di molti milanesi rimasti in città.
Un luogo valorizzato nell’ultimo anno, diventato un po’ un simbolo della Milano rinnovata, città internazionalmente aperta e attenta all’ambiente ed al benessere dei cittadini.
Insomma, pur con caldo ed afa, Milano offre molte possibilità ricreative e culturali a chi, per varie ragioni, decide di rimanervi ad agosto: godiamole e… buona estate!
Nella società liquida in cerca dei corpi intermedi
Mentre Bauman parla di società liquida per spiegare la condizione del mondo globalizzato,in una collettività dove è sempre più diffusa la disintermediazione, nelle riunioni di alcuni circoli PD si parla di corpi intermedi, di rapporto strutturato con essi ,ecc.ecc.Argomenti molto orecchiabili per chi ha più di 60 anni, ma credo oscuri a molti.Non è improbabile che a sentire tali discorsi qualche giovane presente per caso sia corso subito su Wikipedia per capire di cosa si stesse parlando.Infatti la dotta enciclopedia così li descrive:“Con corpi intermedi si intendono le formazioni sociali che rappresentano e si autorappresentano in particolari settori o luoghi della società civile. ……Sarà così corpo intermedio tanto l’associazione di consumatori, quanto il sindacato”.Era più avanti il dibattito nel PCI del secolo scorso, ad esempio negli atti del XIX Congresso delle Federazione milanese del PCI già si parlava di crisi dei corpi intermedi: ”Il Sindacato è logorato e si è ridimensionata la sua rappresentatività nel mondo del lavoro,ecc”Era il Marzo del 1986, più di 30 anni fa. Gli atti si possono consultare o presso l’archivio di qualche fondazione, oppure presso la mia cantina. Ma parlare di questo non è solo bizzarro, è spesso molto interessato.in alcune aree e collegi questi “corpi” o i residuati di essi, sono ormai autoreferenziali tant’è vero che alle elezioni vince il centrodestra con un buon posizionamento dei 5Stelle,ma nello stesso tempo esprimono uno zoccolo duro di preferenze nel PD,in grado di condizionare elezioni locali e probabilmente anche le primarie, soprattutto se non aperte alla società.Se il PD vuole crescere e radicarsi realmente deve, a partire dai circoli, cercare di capire il mondo fuori dalle mura delle sezioni, l’alternativa: diventare un portatore di “interessi” nell’accezione peggiore del termine.Un volta si gridava” bombardare il quartier generale” ,adesso il tiro va abbassato, ma di molto.
Non tutto il male viene per nuocere
Come si dice, non tutto il male-e che male!-viene per nuocere. Infatti, non occorre essere dei geni della politica per notare come il risultato del referendum (consultivo!) Brexit abbia prodotto non soltanto terremoti politico-economici ma anche e soprattutto una sorta di frenata alle posizioni più radicaleggianti, fra cui la vistosa marcia indietro dell’allora euro scettico Beppe Grillo che col suo compagno Farage diceva, fino a pochi giorni fa, peste e corna della delenda UE in mano a poteri forti e un tantinello criminali insieme a banche spogliatrici e, soprattutto massonerie vari.
Ciò che ha stupito tutti noi e probabilmente gli stessi inglesi è stata proprio la sottovalutazione, se non l’assenza, nello sviluppo della battaglia referendaria, del principio cardine della politica governante, che consiste nel prevedere di che tipo possa essere la conseguenza di una scelta di chi governa. Vuoi perché l’indizione del referendum da parte di Cameron doveva servire ad eliminare il macchiettistico avversario interno Boris Johnson, vuoi, soprattutto, perché la vittoria del “remain” gli pareva del tutto scontata, addirittura ovvia, dimenticando così la massima della più famosa creatura di Arthur Conan Doyle secondo cui “nulla è più ingannevole di un fatto ovvio”. Siccome bisogna guardare al bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno, conviene allargare ottimisticamente lo sguardo alla Spagna dove, insieme alla vittoria della nostra nazionale (da podemos a godemos, copiando la rosea “Gazzetta”), si è notata l’ottima tenuta del partito di Mariano Rajoy che potrà mettere in piedi un governo, magari con l’astensione di un Partito Socialista Operaio Spagnolo (Psoe) smagrito ma non troppo, mentre l’irresistibile avanzata di Podemos e Sinistra Unita è stata bloccata. In entrambi i casi è facile scorgere l’effetto indiretto ma palpabile della paura che la Brexit ha provocato nell’elettorato spagnolo, segnalando che la radicalizzazione delle posizioni produce quasi sempre risultati opposti a quelli prefissati. Così dicasi per il balzo all’insù nei sondaggi per Hillary Clinton rispetto a Donald Trump, percepito, quest’ultimo, come la copia o l’imitazione dell’ex sindaco londinese, connotata da un estremismo – per ora soltanto a parole, ma domani chissà – e di certo molto meno tranquillizzante dell’indubbio mestiere e della professionalità, di cui ha dato prova la già First Lady.
Un appunto finale sulla piena retromarcia da parte dei pentastellati sulla Ue “nella quale noi Cinque Stelle abbiamo sempre detto di voler restare”. Ma quando mai… Va bene, in politica il cambiare idea non è sempre un reato come invece sembrano, o sembravano, pensare e dire il M5S; ma il problema è un altro. E riguarda l’affermazione del vice presidente della Camera che, da Lucia Annunziata, ha proposto un referendum addirittura sull’Euro. Impossibile e inammissibile, per fortuna nostra, ma nessuno lo ha spiegato a Di Maio. Non occorre essere laureati alla Bocconi per sapere che dall’ipotetica bocciatura della moneta europea deriverebbe all’Italia, con matematica certezza, un’inflazione fra il trenta e il cinquanta per cento. Oltre che una sottospecie della lira ( tallero d’Italia) ridotta a carta straccia.
Ada Colau: "Bisogna tornare a fare politica in strada"
di Concita De Gregorio da Repubblica.it
BARCELLONA – Ada Colau, da un anno sindaca di Barcellona, è la personalità politica più interessante nel panorama della sinistra spagnola, da molti indicata come la prossima leader nazionale di una formazione in grado di contendere il governo ai due partiti che si sono finora alternati alla guida del paese, in democrazia: il Psoe e il Pp. Il suo partito non è Podemos: è stata eletta sindaco a giugno del 2015 alla testa di una lista civica, Barcelona en Comù, nata dall’esperienza di movimenti di cittadinanza trasversali e apartitici. In particolare Ada Colau è stata leader della “piattaforma degli sfrattati” cresciuta negli anni della bolla immobiliare, quando le ipoteche delle banche hanno sottratto la casa a migliaia di persone e impoverito radicalmente il ceto medio che, indignato, è sceso in piazza. Alle politiche del 26 giugno Barcelona en Comù si è presentata alleata con Podemos (“En Comu Podemos”, la sigla: “Insieme possiamo”) e ha di nuovo vinto, in Catalogna, le elezioni. Un successo in controtendenza con la flessione di Podemos a livello nazionale, leggera ma assai deludente rispetto alle aspettative di sorpasso del Psoe: il sorpasso non c’è stato e la leadership di Iglesias, sostenitore dell’alleanza con Izquierda unida, ne è uscita appannata. In prospettiva la figura della sindaca di Barcellona, una giovane donna di 42 anni, è quella che genera le maggiori aspettative di ricambio nel panorama della nuova sinistra.
In questa intervista parla di politica, naturalmente, ma anche della sua vita privata: di sua madre, dei suoi nonni, della sua infanzia, della sua idea di futuro, di suo figlio. Parla un ottimo italiano imparato a Milano durante il suo Erasmus, da studentessa di Filosofia. La “canzone segreta” con cui addormenta Luca, 5 anni – dice – è la musica di Amarcord di Nino Rota.
A cosa attribuisce la perdita di un milione e 200mila voti da parte di Podemos rispetto al voto di sei mesi fa?
“La politica è fatta da persone, non è un algoritmo. Il progresso, che nasce dalla società e si riflette col tempo nelle istituzioni, ha momenti in cui va avanti, poi indietro, pause, dubbi. Non è una linea in cui dopo A viene B e poi C. Podemos si è presentato sulla scena e subito ha vinto le europee, poi le città nelle amministrative: è sembrato che la conseguenza logica fosse che alle prime politiche superasse il Psoe, addirittura sconfiggesse il Pp. Beh, no. È più logico che non accada. Parliamo di strutture di potere che governano da decadi, che hanno alleanza con i poteri economici, con i media più potenti. Era evidente che non sarebbe stato facile. Certo c’è stato un errore nella campagna elettorale e bisogna fare autocritica. Neppure bisogna pensare né che le gente sia sciocca o che sia pigra. Si era creata una grande aspettativa e molti non sono andati a votare. Non possiamo dimenticare quello che abbiamo detto sempre: il cambiamento reale si deve produrre nella società. Se smettiamo di lavorare nei quartieri, nella vita quotidiana, nei luoghi di vita e di lavoro per molto che tu indovini il messaggio o il candidato sarà sempre una vittoria effimera. Non sono una persona o uno slogan che cambiano il Paese. Podemos ha sempre vinto fra i giovani, fra chi non votava e nei ceti popolari: in questo senso è un voto “di classe”. Deve restare lì per crescere. Bisogna essere ambiziosi e utopisti per cambiare ma restare alle cose concrete”.
Trova che Podemos stia perdendo contatto con queste parti della società?
“Dico che non deve perderlo. Poi le cause dell’astensione sono molte: stanchezza per tante convocazioni alle urne, frustrazione per il fatto che dopo il primo voto non si sia riusciti a formare un governo, la Brexit, la crisi, la paura. Tante cose hanno influenzato, non una”.
Pensa che dopo Brexit il sostegno di Podemos alla causa dell’indipendenza catalana abbia spaventato gli elettori?
“Vede, questo è un esempio della impressionante macchina di propaganda di cui dispongono Pp e Psoe. Hanno fatto campagna sui finanziamenti dal Venezuela, sull’indipendenza Catalana, poi l’ultimo giorno hanno cavalcato Brexit. Smontare queste paure è il nostro lavoro ma serve tempo. Le spiegazioni semplici sono un errore al quale ci vogliono portare. Non si tratta di volere o no l’indipendenza catalana: si tratta di fare un referendum che l’80 per cento della popolazione chiede. Bisogna difendere in senso profondo la sovranità di tutti i popoli, non solo dei catalani. Decentrare il potere, la cittadinanza deve avere l’ultima parola. Quanto più si tenta di impedire ai cittadini di esprimersi tanto peggio sarà, sempre”.
Si riesce a governare dando così spesso la parola ai cittadini?
“Questo dell’eccesso di democrazia è una caricatura diffusa da chi non vuole che le cose cambino.Quando parlo di sovranità della cittadinanza parlo di pratiche che la gente ha già messo in atto. Non di assemblea permanente: sarebbe stupido e infantile. Il sistema politico deve mettersi accanto e accompagnare i processi che si producono da soli. Un governo del cambiamento passa per un approfondimento della democrazia che vuol dire partecipazione e trasparenza, eliminare i meccanismi che alimentano le corruzione, la politica sottomessa al potere bancario. La società è molto avanti: lavora in rete per obiettivi ed è molto più agile delle istituzioni. La gente si organizza. I movimenti sociali sono cresciuti con i telefoni, le reti hanno fatto politica molto agile, efficace. La dicotomia fra efficacia di governo e orizzontalità di partecipazione è falsa. Noi lo dimostriamo”.
Lei ha messo al centro delle sue politiche i diritti civili e ha detto che lavora per una femminilizzazione della politica non solo nei numeri ma nei valori e nelle pratiche. I movimenti, a Barcellona, usano il femminile plurale per indicare tutti: un uomo quando parla dice noialtre. Crede che sia il modo giusto?
“È vero nei movimenti da anni è una pratica comune usare il femminile plurale per dire tutti: non so se sia il modo più efficace ma certo indica il tema. Che il maschile plurale sia il modo per dire uomini e donne è l’esito di una cultura patriarcale. Le differenze di genere sono soprattutto culturali, ma sono reali. Con le donne è più semplice lavorare in rete, collaborare invece che fare una gara, una battaglia. In politica questa è un’esperienza molto chiara. Femminilizzare significa questo, per me: c’è un modo non maschile ma maschilista di fare politica – verticale autoritario di comando – e c’è un altro un modo dove l’autorità non viene dall’imposizione ma dal riconoscimento. Quando gli altri ti riconoscono che sei utile. Per decenni la società maschilista e capitalista ha messo al centro il potere, l’accumulazione, i soldi. Penso che oggi ci siano sempre più donne e uomini pronti a mettere al centro la cura”.
Lei, anche da sindaco, si scontra con le banche. Qual è il suo rapporto col denaro?
“Da sindaco più ancora che da attivista sono consapevole del fatto che non sono mai i soldi a risolvere le questioni principali. I cambiamenti di cui abbiamo bisogno sono soprattutto del modo di organizzare la società. Non mi sono mai trovata in una situazione in cui la soluzione erano solo i soldi. Eppure ne conosco bene il valore. Vengo da una famiglia popolare, in casa abbiamo sofferto la povertà. Quando sei povera i soldi ti mancano per vestirti, per prendere la metro, perché i tuoi amici escono e tu non puoi. Da ragazza quando ne avevo li spendevo nei libri: ancora oggi l’unica mia proprietà è la mia biblioteca. Non ho bisogno di una casa, posso vivere in affitto. Ma i libri sono miei. Da piccola li nascondevo in cima all’armadio”.
Sopra l’armadio?
“Sono la prima di quattro sorelle, con molta distanza dalla seconda. Dormivamo nella stessa stanza, io in alto nel letto a castello. Da li toccavo la cima dell’armadio e ci nascondevo le mie cose: qualche cibo, i quaderni. Era il mio rifugio segreto, quando avevo bisogno di stare da sola. Ero molto timida, allora. Mi vergognavo di essere diversa dagli altri. Ma no paura no, non ho mai avuto paura del “mondo fuori”: al contrario, da mia madre Tina ho imparato quella che credo sia la sua e la mia dote principale, l’empatia. Non ha studiato, ha sempre dovuto fare mestieri che non le piacevano ma è aperta al mondo, in ascolto, vive con gli altri”.
Se potesse vorrebbe sapere qualcosa del suo futuro?
“No, sapere il futuro ti condanna a realizzarlo. Preferisco costruirlo”.
E del passato, qualcosa che vorrebbe rivivere?
“Per una sera, i miei nonni. Sono morti prima che diventassi madre e sindaco. Vorrei mostrare loro mio figlio, da cui imparo ogni sera ad avere di nuovo fiducia nelle persone, e vorrei che vedessero il risultato di tanta loro fatica: che mi vedessero al lavoro qui, qualcosa che davvero non avrebbero mai potuto immaginare. Sarebbero così felici”.
La guerra tra i generali dietro la fuga di notizie
di Giovanni M. Jacobazzi da ildubbio.news
Cominciamo dalla fine. Le intercettazioni che tirano in ballo, indirettamente, il ministro dell’Interno Angelino Alfano non sono riportate nell’ordinanza con cui, l’altro giorno, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma Maria Giuseppina Guglielmi ha sottoposto alla misura cautelare custodiale 24 persone nell’ambito dell’operazione denominata “Labirinto”.
L’indagine della Procura della Capitale relativa ad una asserita associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale, alla corruzione ed al riciclaggio. E che vede come indagato eccellente Antonio Marotta, deputato del Nuovo centrodestra, già membro laico del Consiglio Superiore della Magistratura. Anche per lui era stato richiesto l’arresto. Per il giudice Guglielmi, che ha effettuato il vaglio del materiale probatorio, le telefonate riguardanti le modalità di assunzione presso le Poste del fratello del ministro e le premure del padre di quest’ultimo, non configurano allo stato condotte penalmente rilevanti. E, tanto meno, elementi d’indagine degni di essere riportati in un provvedimento cautelare. Nel provvedimento del giudice non c’è traccia, dunque, di tali conversazioni che sono, al momento, rimaste agli atti del Nucleo Speciale Valutario della Guardia di Finanza che su delega dell’aggiunto Paolo Ielo e del sostituto Rocco Fava ha condotto fino ad oggi le attività intercettive. Tale “particolare” è importante per comprendere la genesi dello tsunami che sta colpendo Alfano in queste ore, con la richiesta delle sue dimissioni avanzata dalla Lega e dal M5s. Anche perché l’obiettivo non dichiarato ma facilmente intuibile è un altro: Matteo Renzi. Colpendo Alfano, infatti, si mira al cuore dell’esecutivo, dato che senza i voti del Ncd il governo non ha più la maggioranza in Senato. Dal momento che il procedimento penale è ancora nella fase delle indagini preliminari e non essendoci stata la discovery degli atti da parte degli indagati con la chiusura delle indagini, le intercettazioni “incriminate” sono atti coperti dal segreto e non pubblicabili.
Tralasciando, quindi, la violazione dell’articolo 326 del codice penale, c’è da chiedersi cosa ci sia dietro queste mirate “fughe di notizie”. A questo punto è necessario un passo indietro per capire quanto stia succedendo all’interno della Guardia di Finanza, la forza di polizia che, come detto, sta conducendo l’operazione “Labirinto”.
A maggio il governo Renzi ha nominato il generale Giorgio Toschi nuovo comandante generale della Guardia di Finanza. Toschi, investito di un mandato secco di due anni, legato alla scadenza della legislatura, ha preso il posto del generale Saverio Capolupo, andato in pensione per limiti di età, dopo essere stato prorogato da Enrico Letta in uno dei suoi ultimi atti da presidente del Consiglio.
La nomina di Toschi è stata fortemente valuta dal premier in persona che al generale era legato da una conoscenza di vecchia data, visto che costui dal 2006 al 2010 era stato comandante regionale della Guardia di Finanza in Toscana. Proprio negli anni in cui Renzi, scalando il potere, diventava prima presidente della provincia e poi sindaco di Firenze.
Sulla nomina di Toschi Renzi era arrivato addirittura allo scontro con il Capo dello Stato. I dubbi del Quirinale erano concentrati sulle vicende giudiziarie del fratello del generale Andrea, ex presidente della banca d’affari Arner. Il procedimento penale, per il quale Andrea Toschi era stato arrestato, non è ancora definito. In caso di condanna metterebbe in grande imbarazzo il Corpo della Guardia di Finanza.
Toschi è sempre stato vicino al generale Michele Adinolfi, già comandante in seconda del Corpo, amico personale di Renzi e Lotti, balzato agli onori delle cronache visto che il suo nome è finito all’interno delle intercettazioni ambientali e telefoniche effettuate dal Noe dei Carabinieri nell’ambito dell’indagine a carico della Cpl Concordia, accusata di corruzione per la metanizzazione dell’isola di Ischia. Procedimento, allo stato, trasferito da Napoli a Modena. Il 17 gennaio 2014 Adinolfi, inviò un sms a Luca Lotti, allora capo di gabinetto di Matteo Renzi a Palazzo Vecchio. Saverio Capolupo era stato appena prorogato da Enrico Letta su proposta del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni. “Allucinante – scrisse Adinolfi che mirava all’incarico di vertice – che sei mesi prima della naturale scadenza dell’incarico in Consiglio dei ministri si proceda alla proroga del comandante”.
Ed è sempre Adinolfi, qualche settimana dopo, parlando al telefono direttamente con Renzi, a definire “incapace” Enrico Letta. I rapporti politici sono sempre stati importati per fare carriera nelle forze armate. Questo non scandalizza. Con il nuovo assetto del comparto sicurezza e difesa, però, tali entrature conteranno ancora di più. Quindi, essere amici di Renzi e Lotti non è un handicap. Anzi. Uno dei primi atti di Giorgio Toschi è stato quello di trasferire il generale Luciano Carta, il suo ex competitor per la carica di comandante della Guardia di Finanza.
Luciano Carta era molto legato al Generale Capolupo. Dalla base era considerato il comandante in pectore. Dal 15 giugno Carta è stato trasferito dal comando dei Reparti Speciali al comando delle Scuole del Corpo. Sulla carta trasferimento pienamente legittimo ma, ovviamente, di minore prestigio. Considerata la “centralità politica” delle inchieste di competenza dei Reparti Speciali. Da cui, appunto, dipendono il Comando Tutela della Finanza Pubblica, il Nucleo Speciale Entrate, il Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressione Frodi Comunitarie, il Comando Tutela dell’Economia, il Nucleo Speciale di Polizia Valutaria, il Nucleo Speciale Tutela Mercati, il Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità Organizata (Scico), il Nucleo Speciale Frodi Telematiche, il Nucleo Speciale Tutela della Pubblica Amministrazione, oltre al Nucleo Speciale Commissioni parlamentari d’inchiesta. Al posto di Carta è stato destinato Filippo Ritondale che, secondo i ben informati, non è mai stato in buoni rapporti con il suo predecessore. A cascata, nelle prossime settimane sono previsti molti altri avvicendamenti. Una vera rivoluzione che modificherà gli assetti di vertice per i prossimi anni. Con generali, da un lato, legati a dinamiche “politiche”, nel caso di specie di stretta osservanza renziana. E con generali legati a cordate più “militari” dall’altro. C’è il rischio che questo “spoil system all’italiana abbia, però, conseguenze imprevedibili. Soprattutto per la politica. Perché passare da un fisiologico turnover ad una feroce vendetta è un attimo.
Milano nuovo sindaco, ma vecchia politica?
Eletto il Sindaco, composta la giunta, convocato il Consiglio Comunale, il tutto però si svolge in un assordante silenzio, il che stride dopo l’animata e contraddittoria lunga tornata elettorale. Ci si aspetterebbe un minimo di analisi del voto nonchè del comportamento elettorale dei milanesi, capire chi ha vinto e perché e soprattutto capire chi ha perso, che a dire il vero, non sono proprio pochi.
Beppe Sala, come da previsioni, è diventato il Sindaco di Milano, lo è diventato con qualche apprensione dopo il risultato delle primarie, ma anche in questo caso la capacità di promuovere impulso organizzativo ha permesso di ricreare le distanze di sicurezza dal centro destra.Il richiamo alla responsabilità e alla mobilitazione al voto del popolo delle primarie, l’apparentamento con il Partito Radicale, e qui forse c’è da domandarsi il perché di un ingiustificato ritardo che avrebbe impedito di perdere almeno tre Municipi, e lo strano ‘endorsement’ di Basilio Rizzo, con quel “a chi fare opposizione lo decido io” hanno contribuito alla vittoria al ballottaggio.
Dal punto di vista politico ha vinto Sala, ha saputo superare con dignità e serenità la moltitudine di ostacoli che sono stati frapposti sul suo percorso, a cominciare da quelli del così detto fuoco amico nelle primarie, applicazione di un leninismo fazioso e delegittimante che ha preteso di ridimensionare persino l’immagine positiva di EXPO, pur di ridimensionare quella del suo indiscusso protagonista.
Ci ha provato il centro destra, proponendo una figura manageriale non tanto dissimile dal profilo di Sala, tentando di spostare il tema del confronto sulla differenza sul potenziale di credibilità tra i due contendenti, non tanto sulle capacità dei singoli, bensì sulla potenzialità e credibilità delle squadre a sostegno.
Il tema della continuità è stato il ‘mood’ differenziante, un tema che come ha ben evidenziato Sergio Vicario, è stato però ridimensionata con l’assenteismo al voto e dalle scelte elettorali nelle periferie più estreme.
Sono state proprio le vestali della continuità, a pagare il prezzo più alto dal punto di vista del consenso elettorale, l’autoreferenziale sinistra arancione del 2011, ovvero quella rosso e verde, esce assolutamente dimezzata dal voto di giugno, a conferma che governo e opposizione richiedono un lessico distinto e che la promiscuità genera confusione ed ha interpreti da tempo più credibili.
Escono profondamente ridimensionate le aspettative dei populismi di destra e quelli mèlangèe, un po’ di sinistra e un po’ di destra, i penta stellati che non riescono a monetizzare il bonus di una campagna mediatica tutta impostata su Roma e Torino; Milano è ben altra cosa e i milanesi hanno dato prove di serietà, esce sconfitto anche il movimento virtuale per la coalizione dei voti contro Sala, ai quali i milanesi non hanno dato retta.
Il Partito Democratico si salva sia nella forma e sia nella sostanza, nella forma perché alla fine ha fatto quadrato su Sala, incassandone il dividendo politico sia della vittoria e sia dei posti in Giunta, ma lasciando sul campo un calo elettorale superiore ai due digit, che non promette bene per il futuro.
Determinante per il successo di Sala, è stata la sua lista civica, che con pochissimi mezzi e tanto entusiasmo ha raggiunto un incredibile 8%, forse un po’ di più a interpretare bene le preferenze date ai suoi candidati ma scritte nel posto sbagliato.
Nata dal nulla nei nove municipi zonali, ricorrendo al contributo civico di alcuni milanesi civici, disposti ad impegnarsi per l’interesse della città, ha sopravanzato di ben il 60%, l’esperienza precedente della lista Civica per Pisapia, ed oggi è presente nel consiglio comunale con 5 consiglieri e nei municipi zonale con 16 consiglieri.
Partendo da questa rilettura della geografia politica, sarà interessante verificare come su grandi temi come: Città Metropolitana, Sicurezza Urbana, Qualità della Vita, Partecipazione e Condivisione, i laboratori del civismo milanese, corroborati da questo successo elettorale sapranno sfidare le forze politiche della continuità per costruire quella discontinuità che la Milano globale impone e che gli oltre 130000 milanesi che hanno ritenuto di assentarsi dal voto richiedono.
Milano sarà sicuramente interessata al referendum costituzionale, ma il suo futuro, il come impostarlo, il come includere tutti coloro che intendono contribuire con il proprio senso civico di appartenenza, vale assi di più.
Auguri di buon e rapido lavoro Beppe Sala Sindaco